Negli scorsi giorni è arrivata su Prime Video la nuova serie Veleno, per un totale di cinque puntate complessive. In qualche modo la risposta a Il Divin Codino, il film dedicato a Roberto Baggio, pubblicato su Netflix.
Veleno: il caso di cronaca che sconvolse l’Italia
Solo che qui i temi tendono ben più verso il cupo. Veleno racconta, infatti, una oscura e misteriosa vicenda di riti satanici con bambini, adulti e un prete, tuttavia mai accaduta secondo le sentenze processuali. Il set degli avvenimenti narrati e mai verificati come tali è quello di Massa Finalese, Finale Emilia e Mirandola, tre paesi della bassa modenese.
Tra il 1997 e il 1998 oltre 20 persone, tra cui un prete – Don Govoni – vennero accusate di appartenere a I diavoli della Bassa Modenese, una setta che, stando alla tesi dell’accusa, sarebbe stata responsabile di riti satanici su bambini. Da qui è partito il noto reporter Pablo Trancia, ex inviato de Le Iene e collaboratore di Chi l’ha visto. Il giornalista pubblicò il libro Veleno nel 2019, tratto dall’omonimo podcast da egli sempre pubblicato due anni prima su Repubblica.
Pablo Trincia aveva narrato di come, verso la conclusione degli anni 90, tra alcuni paesini della bassa, tra cascine, campi e banchi di nebbia, 16 bambini furono strappati dalle rispettive famiglie e trasferiti in località protette. I genitori dei piccoli erano sospettati di fare parte di una setta di pedofili satanisti che eseguiva tremendi rituali nei cimiteri, sotto la direzione di un prete.
Dopo due decenni dai fatti imputati, la verità processuale, stabilita in ben cinque differenti procedimenti, ha acclarato che non ci furono né omicidi né riti satanici. Come spiega Trincia nel suo libro, l’ipotesi più accreditata vuole che le tecniche di interrogatorio dei bimbi, compiute da psicologici e assistenti sociali, li avessero indotto a un falso ricordo collettivo: nella testa si creano, ovvero, finzioni che poi non si riescono più a distinguere dai ricordi reali.